ENRICO MELONI

 

 

 

Nello slancio del dàimon

 

 

In ricordo di Armando Ottaviano, classe 1919,

neolaureato partigiano dell’Appio-Latino,

recluso a Regina Coeli e ucciso alle Fosse Ardeatine

 

 

 

 

Era Roma di stenti e macerie

delazioni di sangue caino

non radure e frondosi paesaggi

venture e facezie da Pin1

ombre cieli slavati turchini

grigio esangue del Tasso la via.

 

 

Non ho canti del partigiano

inumazione della bella ciao

all’ombra gentile d’un fiore

ma lurchi sbirri ci abbattono

in umide caverne deflagrate.

 

 

Mamma segue un filo d’Arianna

che guida a un Minotauro di trapasso

i medici auscultano vagliano

non morbi solo patimenti

a breve pelle piaghe il corpo suo

nell’ultimo suo muliebre volere

fu le mie spoglie.

Fummo creature buone amate

Con me Giuseppe2 della Garbatella,

angelo di prato e montagna,

stanato in Sabina e freddato

trascinò nel dolore che artiglia

anima e viscere i cari suoi

a breve la famiglia sua s’estinse.

 

 

E le famiglie dei Tirolesi pavidi

di Rasella la via, attempati

per la guerra, incolonnati contadini

italosvevi di dubbia nazione.

Il botto dei trentatré Atesini

del terzo battaglione Adige Bozen

ci schiaccia dal settimo braccio

nell’estinte cave di pozzolana.

Rimbalza vendetta dai loro intendimenti

un possibile no alla barbarie.

In guerra più che in pace

miete la morte i più miti.

 

 

L’eco nostro di sangue e pianto

specchia il Tevere arteria di lacrime

ogni giorno se ascolti è un muto

concerto ai dolori obliati valori.

Non passa il passato nostro e vibra

nell’aria che tu bimbo del baby boom

hai respirato: facce di fame

nei passanti di quartiere

invecchiati dal mio tempo

tratti di gelo terrore slavato

idiotismo atavico piattume

menti conformi di regime

languore ibernato di rivolta.

E oggi – solo – nei plumbei

locali del Tasso la via

nei pulsanti di luce nei quadrelli

nei mattoni che murano il sole

agnizioni di vuoto angoscia

nudi nervi di tortura

nei flash d’infanzia

solchi della stessa vertigine.

 

 

Accogliete le esperienze nostre

accogliete il sorriso l’empatia

ricordate le piaghe il dolore

per sollevarvi dai nostri fantasmi

dalle incresciose tombe.

 

 

Facce di oggi, ragazzo, coetaneo

negli anni Dieci del millennio nuovo,

seppure valica il pianto del fiume

il volume digitale dell’iPod

seppure fluttui nella storia

dei miei giorni di gloria e di orrore

pensi, amico, conviene tacere

che la Roma dei tuoi giri in moto

disco pub giornate di stadio

sarebbe stata infine liberata

senza anche il mio sacrificio vano

da duri Yankee preminenti eroi

Yankee di bombe e freedom

Yankee di scatolette e whisky

Camel sorrisi cioccolate bombe

ancora pasto a odierni artificieri.

Ragazzo che impazzi di moda

e sei trendy nei gorghi

di barbarie mediatiche, opulenze

sfrontate, c’è un’alba un prato

di sogno nella coscienza

ove l’uomo chiamato s’eleva

nello slancio plasmato dal dàimon

un abbraccio corale che intona

estasi di libertà oceani di pace

riscatto di dolore dignità

stella polare d’equanime giustizia

laddove uomini caini

disarcionano leggi e diritti

e fanno ancora oggi strame

di civile concordia.

 

 

1Nome del ragazzino protagonista del Sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino.

2Giuseppe Felici, 21 anni, studente di ingegneria, fucilato dai nazisti il 9 aprile 1944.

 

 

 

 

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