UN FECONDO CRATERE |
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Cratere Castelgandolfo - lago - tenue regressione all’infanzia figlio smarrito entro la bocca di un cratere incenerito prima ancora dei lancinanti vagiti. Non più sepolcri attendono il funestato esistere. La vita in un cratere è il mio destino dissociato dal mondo delle umane barbarie scempio di ipocrisie, ignobili calunnie figlie impazzite della verità. Lago vulcanico, cratere erede di ancestrali cataclismi ripercorro le tue sponde a passo d’uomo trascinando la mountain-bike riscopro il verso dell’ùpupa diurna a ritroso attraverso attimi sepolti suggellati da un’onda di levità. (Pubblicata in Arca allo sbando?, 2004) |
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Xilografia di Thiago Contini, 2010 |
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Una domenica dell’anno 2000 sono andato, come spesso accadeva,
in bici al lago di Castelgandolfo. Arrivato ho percorso la strada e poi il
sentiero che circonda il bacino vulcanico, finché non mi sono riposato sulla
riva. Alle spalle la sommità dell’antico cratere ricoperta dal bosco. Nelle
acque tranquille l’umore individuale si è rispecchiato nell’incomunicabilità
che tocca buona parte dell’universo umano. Negli ultimi tempi di
globalizzazione galoppante non sembra migliorata questa condizione: le occasioni
di contatto si moltiplicano e insieme aumenta la distanza fra le persone. A quasi dieci anni da quella domenica, Thiago Contini, per un
lavoro sull’incomunicabilità assegnatogli dall’Accademia di Belle Arti (dove
si è brillantemente laureato), ha cercato ispirazione in quei versi “di
origine vulcanica”. Ne è nata una xilografia che trovo molto bella e che
provo a interpretare, offrendo una semplicissima, personale chiave di
lettura. Il cervello è alla base, la mente umana che nonostante tutti i
guai causati da Adamo fino a noi, può essere anche una meravigliosa fonte di
creatività e di superamento del male. Dalla mente sembra generarsi tutto,
anche la chitarra, il suono, forse il canto dei versi, che nonostante
l’amarezza fluttuano nella musicalità, in un linguaggio che precede il senso
delle parole. I pesci sono la fauna del lago e al contempo la vita che viene
concepita anche dalla forza del pensiero, il quale può inventare e
trasformare a volte le emozioni e le riflessioni in arte e rapporti tra gli
esseri. Nelle parole scritte, l’incipit della poesia, trova spazio la
rappresentazione del disagio di vivere nelle relazioni con «gli altri» che
talvolta, ricordando una ben nota frase di Sartre, «sono l’inferno». Si coglie un’armonia pur nella eterogeneità degli elementi: è
come se l’opera volesse suggerirci che anche l’incomunicabilità comunica
oppure che esiste un antidoto, una via d’uscita nel superamento di squilibri
e dissonanze. Quest’opera per me è un tesoro, perché dimostra concretamente
che (perdonate la banalità) da un male può nascere un bene, e che il frutto
di asprezze esistenziali può divenire fecondo anche a distanza di tempo,
quando il caso lo porta a incontrare una sensibilità e un’intelligenza affini
e sorprendentemente capaci. (Enrico Meloni, agosto 2010) |
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