II. Alcuni aspetti del pensiero
Bruno e Campo de’
Fiori di Enrico Meloni
Statua di G. Bruno a Campo de’ Fiori
III. LE VICENDE DELLA
STATUA
Dopo l'unità d'Italia e in
particolare a seguito della conquista di Roma avvenuta il 20 settembre 1870,
si creò un clima di forte attrito fra la Chiesa e lo Stato italiano. Pio IX
non accettò la Legge delle Guarentigie (1871) in cui si riconoscevano al papa
onori sovrani, la facoltà di disporre di forze armate, l'extra-territorialità
dei palazzi del Vaticano, del Laterano e di Castel Gandolfo, una dotazione
annua di oltre tre milioni di lire, nonché la piena autonomia della Chiesa,
nel rispetto della sua separazione dallo Stato. Il pontefice per tutta
risposta scomunicò i Savoia e nel 1874 emanò la bolla "Non
expedit", in cui invitava i cattolici a non partecipare alla vita
politica dello Stato.
Un comitato studentesco aveva iniziato la sottoscrizione per un monumento in
onore del filosofo nolano, martire del libero pensiero, sin dal 1876 - anno
in cui la Sinistra andò al potere - raccogliendo col tempo adesioni
prestigiose, tra cui quelle di Giosuè Carducci, Ernest Renan, Ferdinand
Gregorovius, Victor Hugo, Michail Bakunin, George Ibsen. Il Comune, ai cui
vertici, nonostante il "non expedit", andavano affermandosi
amministratori clerico-moderati, senza opporsi apertamente al progetto,
cercava di ostacolarlo tramite strategie burocratiche.
Il monumento divenne il simbolo del libero pensiero e una sfida alla Chiesa e
al papa. Crispi nel 1887, anno in cui divenne presidente del consiglio,
suggerì al comitato promotore, che chiedeva il suo appoggio, di procedere
alla fusione del bronzo senza preoccuparsi degli indugi del Comune. Il dibattito
continuò a svolgersi in un clima arroventato dalle manifestazioni
studentesche e popolari che a volte provocavano scontri tra
"bruniani" e "anti-bruniani", che si concludevano con
arresti e feriti. Alla fine dello stesso anno il re, su proposta del consiglio
dei ministri, firmò un decreto con il quale, Leopoldo Torlonia, sindaco di
Roma veniva rimosso dalla carica; ufficialmente senza motivazione, anche se
era chiaro individuarne le ragioni nella visita al cardinale vicario a cui il
sindaco aveva trasmesso l’omaggio dei romani a Leone XIII.
A seguito delle elezioni amministrative del giugno 1888 entrarono nella
rappresentanza municipale esponenti anticlericali, tra cui Ettore Ferrari, lo
scultore massone artefice della statua considerato un uomo della sinistra
estrema, mentre furono esclusi politici contrari all'erezione della statua.
Prima della fine dell'anno fu approvato, senza difficoltà, il progetto del
monumento a Bruno, fra gli applausi del pubblico che urlava: "Viva
Crispi!"
Il pontefice minacciò di abbandonare Roma per rifugiarsi nella cattolica
Austria, qualora la statua fosse stata scoperta al pubblico.
Finalmente il 9 giungo 1889, giorno di Pentecoste, venne inaugurato a Campo
de' Fiori, con la partecipazione di un'immensa folla festante, il monumento
di Ettore Ferrari, lo scultore che nel 1904 sarà
eletto gran maestro della massoneria. Alla base del monumento si legge
un'iscrizione del filosofo Giovanni Bovio, oratore ufficiale della cerimonia
di inaugurazione: "A Bruno, il secolo da lui divinato qui dove il rogo
arse".
Per la cronaca, va ricordato che Leone XIII non abbandonò Roma come aveva
minacciato, né il 9 giugno, che trascorse digiuno e in preghiera ai piedi
della statua di San Pietro, né in seguito.
Annualmente, a Campo de' Fiori ogni 17 febbraio si sono radunate generazioni
di laici e militanti per manifestare per ricordare il rogo del filosofo e
manifestargli la loro ideale solidarietà. Tali dimostrazioni si sono fermate
soltanto negli anni del fascismo.
All'epoca dei Patti Lateransi, siglati tra Mussolini e Pio XI l'11 febbraio
1929, i cattolici chiesero la rimozione della statua e l'erezione al suo
posto di una cappella di espiazione al cuore santissimo di Gesù. Mussolini,
probabilmente memore dei disordini accaduti non molti anni prima e anche
perché G. Gentile, il filosofo del fascismo, era un estimatore del Nolano,
non accettò questa condizione, limitandosi a garantire che non si sarebbero
più tenute manifestazioni per commemorare Giordano Bruno. A tale riguardo si
fa seguire un passo del discorso che Mussolini tenne alla Camera dei Deputati
il 13 maggio 1929:
"(…) non v'è dubbio che, dopo il Concordato del Laterano, non tutte
le voci che si sono levate nel campo cattolico erano intonate. Taluni hanno
cominciato a fare il processo al Risorgimento; altri ha trovato che la statua
di Giordano Bruno a Roma è quasi offensiva. Bisogna che io dichiari che la
statua di Giordano Bruno, malinconica come il destino di questo frate,
resterà dove è. È vero che quando fu collocata in Campo di Fiori, ci furono
delle proteste violentissime; perfino Ruggero Bonghi era contrario, e fu
fischiato dagli studenti di Roma; ma ormai ho l'impressione che parrebbe di
incrudelire contro questo filosofo, che se errò e persisté nell'errore, pagò.
(…)"
PER BRUNO NON C'È LA RIABILITAZIONE DELLA CHIESA
Da quel fatidico 17 febbraio 1600 gli anni sono trascorsi senza che la Chiesa
abbia espresso uno schietto ravvedimento per il rogo che arse Bruno, ancora
vivo. Galileo Galilei, Jan Hus, Girolamo Savonarola e altri sono stati
riabilitati; Giovani Paolo II ha chiesto un generico perdono per gli eccessi
commessi dall'Inquisizione; tuttavia per quanto concerne il Nolano, la Chiesa
si limita a riconoscere il carattere antievangelico del rogo, ma ribadisce
l'esistenza di una sostanziale estraneità della filosofia di Giordano Bruno
dalla dottrina cattolica.
IV. La piazza
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