SILVANA BARONI

 

 

 

 

Chiodi a terra

 

 

È in luce questa piaga svelata, questo campo

d’occhi sfibrati da lame di silenzio

siamo nella parabola del crepitare sulle spine

perché la guerra è gridare senza saperne il perché

e si resta senza padri, senza fronti scapigliate

da baciare, senza corpi e voci che rincasano.

Già l’acqua inonda i polmoni, e non è sazia

la sete di sapere, né lo sguardo avido all’intorno.

Si va nell’ansimo di voci strozzate verso un lago

di lacrime, a tradurre spazio dal tempo

e c’è sempre una mano a cerca del nome

su pagine colore del passato, e domande al destino

di chi mai smette di fiorire e tenta il verde

d’una pur singola risposta.

E’ forse l’uomo mistero gravido d’ambascia

o psiche votata a ravvedersi?

Dentro questa notte eterna bisogna viverci

scavare gole murate, proseguire testardi.

Un cielo segue un altro, ma non piego il ricordo

nella sindone del tempo, in cantilene a speranza

d’un tiepido arruffo di vento, non declino in orme

d’addio, ma resto assieme ai fratelli, chiodi a terra

ghiacciati nel morso del ricordo a serrarci

in diametro fra noi, a unire il cerchio.

 

 

                                                              

 

 

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