Primo passo: LA VITA DI SIDDHARTA

Secondo passo: L’INSEGNAMENTO DEL BUDDHA

Terzo passo: STORIA SCUOLE E TRADIZIONI






CHE COS’È IL BUDDHISMO?



Quattro passi sulla via del Dharma




Quarto passo: BUDDHISMO E OCCIDENTE (prima parte)

 

 

Come abbiamo visto nel terzo passo, il buddhismo è nato nel nord dell’India nel VI sec. a. C. Nel corso dei secoli si è diffuso principalmente verso est, fino a raggiungere il Giappone. Dal secolo XIX è cominciata una sorta di “globalizzazione” del Dharma, una propagazione nella direzione opposta, verso i paesi occidentali, che è esplosa nel secondo dopoguerra, e ha fatto sì che oggi dal Canada alla Nuova Zelanda si trovino centri buddhisti, praticanti o semplici simpatizzanti, senza contare le folle richiamate dalla moda del momento, da un interesse superficiale e transitorio.

 

Non è semplice stabilire quanti siano oggi i seguaci del buddhismo, per vari ordini di ragioni. Ad esempio va considerato che in alcuni stati tra cui la Cina, il Tibet e il Vietnam, sono ancora presenti dei regimi comunisti che, per definizione, avversano ogni forma di religione, e di conseguenza nei censimenti non compare una percentuale oggettiva di fedeli. Si deve considerare, inoltre, il carattere tollerante del buddhismo che non impedisce ad un seguace di praticare contemporaneamente un’altra religione, la qual cosa può comprensibilmente causare difficoltà nelle statistiche. Va tenuto anche presente che non è semplice calcolare il numero di devoti in Occidente, dato che si tratta in massima parte di conversioni che riguardano individui perlopiù battezzati, e quindi considerati ufficialmente come fedeli del cristianesimo.

 

 

I contatti con la cultura occidentale

 

E’ probabile che vi furono contatti fra buddhismo e area mediterranea anche nell’antichità, sebbene non vi siano documenti a comprovarli. Verosimilmente, quando a seguito delle invasioni di Alessandro Magno si costituirono regni indo-greci, le relazioni con l’Occidente dovettero intensificarsi anche a causa dell’incremento dei commerci.

Ad ogni modo, In Occidente, si può parlare di una conoscenza del buddhismo fondata su criteri scientifici, solo a partire dall’800. Prima di allora le frammentarie e soggettive informazioni, derivate essenzialmente da relazioni di missionari cristiani, portarono ad una visione del buddhismo confusa e distorta.

 

Arthur Schopenhauer (1788-1860) fu uno dei primi studiosi che poté usufruire di testi sul buddhismo basati su criteri scientifici. Nella sua opera principale «Il mondo come volontà e rappresentazione» si riscontrano varie affinità con il Dharma, ad esempio nel riscontrare l’ onnipresenza del dolore nella vita di tutti gli esseri, nell’identificazione della «volontà» (che potrebbe accostarsi all’«attaccamento» buddhista) come causa prima della sofferenza, nel ricercare una soluzione per superare il dolore.

Purtroppo la cultura dell’epoca (ma anche negli anni seguenti) del suo lavoro filosofico recepì essenzialmente il pessimismo e il nichilismo. Rinforzando così i pregiudizi che già erano in passato nei riguardi del buddhismo.

Riguardo al rapporto con il cristianesimo, Schopenhauer intravedeva un importante aspetto in comune relativamente alla ricerca della santità. Soltanto che mentre il cristianesimo (così come per l’islamismo)  si fonda su un unico evento irripetibile (Gesù Cristo portatore di salvezza), il buddhismo più sapiente ed evoluto, offre ad ogni essere umano la possibilità di raggiungere l’illuminazione, divenendo un Buddha.

La Società Teosofica, fondata a New York nel 1875 dal colonnello Olcott e Madam Blavatsky, si diffuse ben presto in Europa e in Asia, contribuendo in modo significativo all’incontro fra buddhismo e Occidente. Il Buddha era visto dai teosofi uno dei vari maestri dell’umanità (più diffusi in Asia che altrove), i quali nel corso dei secoli hanno trasmesso agli uomini gli “insegnamenti segreti” che si trovano nascosti nel cuore di ogni religione. Entrambi i fondatori si convertirono al buddhismo, seguiti da adepti e simpatizzanti. Olcott, nel corso della sua vita, si prodigò per tentare di unificare i buddhisti in ogni parte del mondo. Nel 1882 pubblicò un “Catechismo Buddhista”, dove esponeva, ad uso soprattutto degli occidentale, l’essenza del dharma. Anche dopo la morte dei suoi fondatori, la Società Teosofica contribuì a mantenere vivo in Occidente l’interesse per il buddhismo, almeno fino agli anni ’20 (del ‘900).

 

Molti contatti si ebbero con gli USA fin dalla seconda metà dell’800, a causa dell’immigrazione di asiatici. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, vennero in America personaggi che divennero popolari, tra cui il maestro Zen D.T. Suzuki, autore di vari saggi autorevoli sulla sua religione, e si stabilì a New York; mentre in California andò a vivere il suo omonimo Shunryu Suzuki, che tra l’altro è il fondatore del San Francisco Zen Center.

Con l’invasione del Tibet da parte dei Cinesi, avvenuta (come abbiamo visto nel terzo passo) nel corso degli anni ’50. Molti esponenti del buddhismo tibetano fuggirono all’estero, tra loro il Dalai Lama, che dal 1959 viaggia per il mondo, allo scopo di rendere nota ovunque la gravissima situazione tibetana e diffondere il Dharma.

Un altra nome noto fra i buddhisti asiatici che venuti in Occidente, è il vietnamita Thich Nhat Hanh, monaco Zen e poeta, nato nel 1926. Vdurante la guerra del Vietnam ha avviato un importante movimento di resistenza non violenta. Per questo nel 1967 venne candidato al Nobel per la pace da Martin Luther King. Oltre che negli Stati Uniti ha vissuto in Francia, dove ha fondato nel 1982 “Plum Village”, una comunità di pratica buddhista nei pressi di Bordeaux, nella quale si è stabilito. Ha pubblicato decine di libri in varie lingue, un buon numero dei quali è stato tradotto in italiano.

 

Naturalmente l’affermarsi negli ultimi decenni del cosiddetto “villaggio globale”, non può che aver contribuito (malgrado la presenza in taluni gruppi o singoli individui, di un atteggiamento di indifferenza o di rifiuto xenofobo del diverso) all’incontro quotidiano, ad una conoscenza più ravvicinata e ad una più agevole diffusione di religioni e filosofie di paesi lontani fondata sul contatto diretto.

 

 

In Italia

 

Quanti sono i buddhisti in Italia? Fermo restando che non è semplice fare statistiche sui seguaci del Dharma, si stima che attualmente vi siano tra i 50.000 e i 100.000 praticanti più o meno assidui.

Dagli anni ’60 sono sorti anche in Italia vari centri, monasteri, associazioni buddiste che si riferiscono a diverse scuole. Molti praticanti si ritrovano in sedi di fortuna, ad esempio nei salotti di case privati o, magari, nel retrobottega di qualche artigiano, accuratamente allestito a sala di meditazione.

Nel 1985 venne fondata a Milano l’Unione Buddhista Italiana (UBI), che raccoglie i principali centri buddhisti che fanno riferimento alle varie tradizioni. E’ esclusa dall’associazione la Soka Gakkai, che pur contando un buon numero di seguaci, è spesso al centro di polemiche. Come abbiamo visto nel terzo passo, la Soka Gakkai si ispira alla riforma di Nichiren, e propone una pratica che può considerarsi un culto devozionale, al pari dell’amidismo. A causa di dissapori, anche di carattere economico, dal 1991 la Nichiren Shoshu (un ordine monastico che si ispira alla dottrina di Nichiren) ha comminato la scomunica alla Soka Gakkai. La sua popolarità deriva dall’attivo proselitismo svolto dai seguaci, e anche grazie a vari personaggi del mondo dello spettacolo e dello sport, che, non solo nella penisola, hanno aderito a questa setta.

Un certo seguito riscuotono in Italia lo Zen, sia nella tradizione Soto che in quella Rinzai, e il buddhismo tibetano, che certamente deve buona parte del suo successo, alla fama mondiale del Dalai Lama, il quale da taluni viene erroneamente considerato la guida dell’intero mondo buddhista. Per quanto concerne lo Zen, fra i centri più importanti si ricorda il Tempio Buddhista Zenshin-ji di Scaramuccia (Tradizione Rinzai) fondato da Luigi Mario (Maestro Engaku Taino) nel 1973, e l’Istituto Lama Tsong Khapa, costituito a Pomaia (Pisa) nel 1976.

Sono presenti anche vari centri che si ispirano alla tradizione Theravada (letteralmente “La via degli anziani”, la scuola rimasta più fedele agli insegnamenti originari del buddhismo), tra i quali si ricorda Associazione Santacittarama, che ha sede in provincia di Rieti.

A Roma, nel novembre del 2005 è stato inaugurato il primo tempio buddhista cinese d’Europa.

 

La popolarità del buddhismo nella nostra penisola, ha trovato riscontro anche nel cinema. Liliana Cavani, dopo essersi occupata della vita di «Francesco d’Assisi» (1966), nel 1974 dirige «Vita di Milarepa», mentre è di Bernardo Bertolucci il più recente e noto «Piccolo Buddha» (1993).

 

 

Enrico Meloni

 

 

 

 

 

Quarto passo: BUDDHISMO E OCCIDENTE (Seconda Parte)

 

 

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